OTTIMO ARTICOLO, IN COOP SI DEVONO ESSERE DISTRATTI…. pubblicato sulla rivista consumatori di coop italia
Grandi opere, forse qualcosa sta per cambiare
Pubblicato da: Mario Tozzi
Quando la crisi economica morde ci rimettono quasi sempre ambiente e cultura, e questo è ciò che sta avvenendo regolarmente in Italia. Tralasciando per il momento gli aspetti culturali, peraltro spesso legati intimamente a quelli naturalistici, focalizziamo l’attenzione su quanto viene proposto quasi da tutte le parti per uscire dalla crisi economica. Far ripartire l’edilizia e, prima o poi, anche le grandi opere di cui, si sa, abbiamo un grandissimo bisogno. Neanche fossimo appena usciti da una guerra mondiale, come settant’anni fa, momento in cui le grandi opere e le infrastrutture davvero erano scarse e il paese voleva diventare moderno.
No, nell’Italia del terzo millennio si ripropongono le solite ricette stantìe per uscire dalla crisi: costruire, costruire e ancora costruire. Con intere regioni, come il Lazio, dove la lobby dei costruttori esercita un peso evidente, facendo tornare in mente quell’Aldo Fabrizi che (in “C’eravamo tanto amati”) faceva scendere con la gru una porchetta intera per festeggiare un’altra selva di palazzi anonimi e orrendi.
Non ci basta evidentemente di essere il paese più abitato e più costruito d’Europa, quello in cui solo il 39% delle coste è ancora libero dalle costruzioni; quello in cui, ogni secondo che passa, circa 6 m² di territorio vengono ricoperti dal cemento e dall’asfalto; quello che perde in questa maniera circa 200.000 ettari all’anno (in Gran Bretagna, per fare il confronto, sono circa 10.000, quanti da noi la sola Sicilia).
Non ci basta la considerazione matura che le infrastrutture lo sviluppo lo devono assecondare, non guidare. Né che le grandi opere dovrebbero almeno, prima, essere terminate o ammodernate: l’autostrada Salerno – Reggio Calabria sarà risistemata in altri dieci anni, se va bene. No, noi in Italia vogliamo ancora nuove costruzioni e grandi opere, come se fossimo un paese in via di sviluppo, e non un paese moderno. Tutto questo ha un costo ambientale pesantissimo, anche in termini di incremento del rischio naturale: i morti per alluvioni della Liguria del 2011 sono dovuti a questa insana bulimia costruttiva che ha ignorato i vecchi alvei fluviali pensando di poter fare come se la natura non esistesse. Ristrutturare e risistemare in modo ecologicamente sostenibile, questi dovrebbero essere i cardini della nuova edilizia, altro che nuove costruzioni.
Ma forse qualcosa sta cambiando: si può discutere a lungo sulla politica ambientale del Movimento 5 stelle, ma è certo che uno dei punti cardine del loro programma è la fine del consumo di territorio. E, a livello locale, sono già in grado di far pesare questo comandamento anche alle regioni più tradizionalmente orientate all’edilizia. Forse stiamo per assistere alla fine del sacco d’Italia, ma che tristezza che si sia dovuto aspettare finora.
http://www.consumatori.e-coop.it/files/9213/6508/4143/2013_-_Liguria_Aprile.pdf