PAMOTER: gli amici di Burlando costruiranno così anche il TerzoValico

Vi abbiamo spesso aggiornato, sia su questo sito che su http://notavterzovalico.info, su costruttori e ditte indagate che già stanno lavorando sul TerzoValico e l’Alta Velocità.
Oggi ritorniamo a Pamoter, amici di COCIV e implicati insieme alla Drafinsub della devastazione di Via CastelMorrone, che è di nuovo finita sui giornali per l’ennesima inchiesta

di seguito il testo dell’articolo

02 luglio 2013 GENOVA – SESTO MODULO DI VOLTRI, PIAZZALI DA RIFARE

Genova – Buche profonde mezzo palmo dove dovrebbero passare le gru gommate, rigonfiamenti e avalli che rendono difficile il passaggio dei mezzi operativi, l’asfalto che si spacca. Costruito (anche) con i materiali di scarto delle acciaierie tra il 2001 e il 2005, l’ultima parte del porto di Voltri – il cosiddetto sesto modulo, rimasto per altro a lungo inoperativo per problemi di concessione – è da rifare. Un danno che i tecnici dell’Autorità portuale di Genova e quelli del Vte, l’impresa concessionaria, inizieranno a valutare nei prossimi giorni e che potrebbero essere di svariati milioni di euro. Chi dovrà pagare e di chi sono le colpe? Ci sono responsabilità di chi ha autorizzato i lavori, del costruttore, di chi ha dato le certificazioni, o anche, magari, di chi doveva fare le manutenzioni e non le ha fatte come doveva? Una partita prevedibilmente molto lunga e che, al momento, è solo alle battute iniziali.

Tutto è iniziato nei giorni scorsi quando il Vte, preoccupato dello stato del sesto modulo, ha svolto una perizia tecnica sui piazzali della banchina, effettuando dei carotaggi. Dalla perizia sarebbe risultato che, sotto l’asfalto, si trova loppa – il materiale di scarto prodotto negli altoforni da cui si estrae la ghisa – e cosiddette scorie di fusione, ovvero lo scarto della produzione dell’acciaio composto da ossidi di ferro e altri fondenti, tra cui la calce. A Genova la chiusura all’Ilva del ciclo a caldo, quindi dell’altoforno, è avvenuta nel 2005. Sino a quella data a Cornigliano veniva prodotta loppa e scorie di fusione: è probabile che provengano da lì i materiali utilizzati, ma il titolare della ditta costruttrice Pamoter, Orlando Pascucci, dice di non ricordare la provenienza.

Una delle possibile tesi per spiegare l’accaduto e che, a contatto con l’acqua piovana, i materiali impiegati possano aver reagito provocando i rigonfiamenti nel terreno. Quindi non basterebbe rifare l’asfalto, ma bisognerebbe intervenire più in profondità. L’Autorità portuale, con cui il Vte avrebbe già avuto qualche contatto preliminare, attende ora una relazione più dettagliata, sulla cui base poi decidere il da farsi.

A realizzare i lavori è stata una Ati composta dal Pamoter (capogruppo), 3 N Strade, Fratelli Ghigliazza spa.. I lavori valevano una quindicina di milioni di euro. Secondo i documenti che ha potuto consultare il Secolo XIX, l’uso di loppa e scorie di fusione era autorizzato e noto. Nel certificato di “collaudo statico parziale per consegna anticipata” stilato dall’ingegnere Emilio Baroncini e protocollato dall’Authority ad agosto del 2004 viene spiegato che «il sottofondo della pavimentazione del piazzale è costituito da strati di misto loppa d’altoforno, scoria di fusione, attivante di presa ed acqua, miscelati in impianto centralizzato con dosatori a volume».

L’utilizzo di questi materiali risulta inoltre previsto nel progetto esecutivo, preparato con l’ausilio della società D’Appolonia per la relazione geotecnica. Contattato ieri, l’ingegnere Carlo Verdanega dice di non ricordarsi se nella relazione di D’appolonia c’era anche la previsione di utilizzo di loppa e scorie di fusione: «La nostra relazione – spiega – affrontava i problemi della stabilizzazione della struttura e del cosiddetto preconsolidamento», ovvero la possibilità di “anticipare” il naturale cedimento della struttura anche con l’utilizzo di pesi ad hoc, per evitare che tali consolidamenti si verificassero in un secondo momento, creando problemi all’operatività portuale.

L’utilizzo delle scorie siderurgiche e della loppa per realizzare i sottofondi della pavimentazione non è inusuale e anzi prevista anche da un decreto ministeriale del 1998. Problematico però è il comportamento della calce contenuta negli scarti di fusione che, a contatto con l’acqua, si gonfia. Per evitare che ciò accada vanno presi specifici accorgimenti e, chiaramente, capire se questi accorgimenti sono stati presi è uno dei punti che andrà chiarito. Anche perché quello del sesto modulo non è l’unico guaio che ha dovuto affrontare nel corso degli anni il porto di Voltri. Il quarto modulo, anch’esso costruito da Pamoter, ha avuto problemi di affondamento e tutt’ora è interessato a profondi lavori di ristrutturazione e per questo in parte inibito all’uso.

SAMUELE CAFASSO

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