Terzo Valico: NoTav al pesto

notavpestoCorteo anomalo quello che scende lungo il rio Ciliegio, giù per una stradina dove a malapena passa una macchina.

testo e foto di Alessandra Fava

‘No Tav, no Tav, questo treno porta morte, porta mafia e non si fa”, urlano i manifestanti e intanto scortano un’auto con su gli ispettori del Cociv che avrebbero dovuto espropriare alcuni ettari di terreno per la costruzione del Terzo valico, una Genova-Voltri/Novi Ligure, l’Alta velocità al pesto, 54 chilometri per la modica cifra di 6,2 miliardi di euro. Intorno la valletta è tutto un brillio di verde, poche case sparse arrembate alla montagna, il rio Ciliegio che però è mezzo in secca, mica come il Trasta che confluisce 200 metri a valle e ”potrebbe dare acqua a tutta Sampierdarena perchè viene giù così tutto l’anno”, spiega un vecchio.
Siamo nell’Alta valpolcevera, è ancora Genova e ti senti in campagna. Passato il ponte Morando e l’Ikea, rovine di fabbriche, l’Ansaldo energia e un deposito per traslochi, Trasta è lì, sulla riva destra del Polcevera, abbarbicata tra le fasce a prendersi il sole. Dal circolo dei Barabini, un Arci storico che fa doposcuola, assemblee e gas, si sale ancora per la valletta fino alle tende dei No Tav che oggi combattono fino a mezzanotte, quando scade il termine per questa fetta di espropri. Domani o dopo si va da qualche altra parte. Ma tra tre mesi magari si torna che tornano le lettere. ”Giù le mani dalla nostra terra”: grida un abitante in unisono con alcuni ‘No Gronda’ quelli che si oppongono a una variante autostradale che dovrebbe attraversare sempre la Valpolcevera provenendo da Arenzano, ma dall’altra parte del torrente, zona Murta.

Pietro Cuccuru, detto Pietrino, 73 anni, si guarda l’orto come fosse un figlio. Una fascia di 500 metri per 8, ”queste sono carote, quello è sedano. Qui c’è un vivaio di lattughe, queste sono rucola, basilico, prezzemolo, peperoncino per fare i ripieni”, elenca mentre cammina. ”Anche l’anno scorso sono venuti – borbotta – volevano prendersi il terreno, ma io non sono neppure stato a sentire quanto mi davano. Io non gli vendo un bel niente e poi, due anni fa che sono venuti, misure contro misure, mi hanno anche calpestato il basilico, li ho mandati via a bastonate. Ecco. Oh, non siamo violenti noi, eh. Queste sono cipolle Tropea, poi ci sono le patate, le cipolle da cucinare”. E mentre si cammina mi mette in mano una cipolla di Tropea, tre gocce d’oro (che sono le prugne gialle), tre zucchine col fiore e anche un cetriolo. ”Io sono qui dal ’64, ma io che coltivo è dal ’70, praticamente sono nato nell’orto – continua Pietrino – A coltivare qui siamo in due, là c’è un altro che non ha firmato. In questa valletta del rio Ciliegio saremo 40 o 50 orti e se fanno la ferrovia sparisce anche l’acqua potabile e la sorgiva. Una volta si viveva con queste cose qua. Ora è tutto cambiato, i giovani non vogliono più coltivate la terra”.

Intanto da una vecchia casa genovese, a tre piani, tutta grigia con le persiane di legno verde e un bell’albero che fa ombra all’entrata, esce un’anziana. ”Qui è tutto un casino”, dice Adriana Grattarola, 86 anni. E s’informa: ”Ah son riusciti a farli andare via. Bene. Sono 70 anni che vivo qui, mi sono sposata che ne avevo 22. Per ora, se possibile non vendo – ride – Poi vedremo. E’ nato qui mio figlio, si è sposato, è andato a vivere fuori. Son qui sola. Vede c’ho anche questa striscia qui – un metro per otto con in mezzo un albero di mele – che ora ho trovato uno che coltiva e mi dà un po’ di verdure”. Baratti di campagna.
Pietrino scappa che dopo il caffè deve trovare un tubo per collegare una bombola del gas e cuocere la pasta per i manifestanti. Adriana se ne torna in casa. Cinque bambinetti scorrazzano giù gridando ‘No Tav’. Hanno appena dipinto le magliette all’ombra di una tenda in un altro orto. Passano vicino a un grande striscione ‘No allo spreco di denaro pubblico, aprono gallerie, chiudono ospedali”. E se ne vanno garuli come rondini.

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