Trasferiti ieri i 4 Notav accusati di terrorismo dalla Procura Torinese. Ecco i nuovi indirizzi a cui scrivere. Una lettera, una cartolina, anche un semplice saluto, significano tanto per chi è costretto in galera, e sono in grado di superare le mura che ci dividono da loro. Ecco i nuovi indirizzi:
Per scrivere ai quattro compagni arrestati, i nuovi indirizzi sono i seguenti:
Chiara Zenobi
Casa Circondariale Rebibbia
via Bartolo Longo, 92
00156 Roma
Claudio Alberto
Casa Circondariale
Via Arginone, 327
44122 Ferrara
Mattia Zanotti e Niccolò Blasi
Casa di Reclusione
Via Casale San Michele, 50
15100 Alessandria
Di seguito due lettere di Chiara e Claudio:
Carcere delle Vallette 20 gennaio 2014
Se potessi scegliere mi troverei proprio dove sono.
Tra i sentieri della Valle, per le vie di Torino, con i miei compagni o specchiandomi negli occhi di donne e uomini sconosciuti, imparando ad ascoltare, scegliendo di aspettare, correndo più veloce.
Mi troverei dove si scopre il sapore dolce e intenso della lotta, qualcuno ti stringe la mano che trema e si getta il cuore oltre l’ostacolo. Lì dove il caldo, continuo e tenace abbraccio della solidarietà non permette a chi è isolato di sentirsi solo, libera la passione di chi è prigioniero e riempie la stanza di presenze amiche.
Mi sono chiesta qualche volta perchè non accontentarmi del privilegio di cittadinanza, avere quasi di sicuro una casa, qualche figlio, qualche modo di mettere la pagnotta a tavola. Ma quando scopri che la libertà e l’umanità sono un’altra cosa, quando ti accorgi che gli unici motori della politica e dei gruppi di potere sono il privilegio e il saccheggio, è troppo tardi per tornare indietro. Sei entrato in un altro mondo, che è dove sono io adesso.
In questo luogo non c’è spazio per coloro che misurano la propria misura morale su codici e leggi. Buttare in strada chi non paga l’affitto o in un lager chi non ha documenti, produrre scorie nucleari, salvare il capitale e distribuire miseria, militarizzare e devastare territori. Tutto a norma di legge, in democrazia. Anche il dissenso a condizione che non si metta davvero di traverso alla realizzazione dei piani inesorabili del progresso e del profitto.
Ma quando troppi zoccoli inceppano l’ingranaggio, se un uomo, una piazza o una popolazione diventano imprevedibili ed efficaci, è possibile sentire il rumore delle lame che si affilano. Il corpo delle leggi a difesa delle proprietà pubblica e privata, gonfia tutti i suoi muscoli. Se si scende in strada il giorno sbagliato (o giusto?), insieme ai sampietrini si può raccoglier il macigno della Devastazione e Saccheggio. Se si assume una pratica radicale contro il sistema sciale è pronta la scure dell’Associazione Sovversiva (o, con un salto in più di fantasia dell’Associazione a Delinquere). Per tutto il resto si prepara la gabbia del Terrorismo. Qualunque opposizione reale procura danni e rallenta l’avanzata dei progetti, alla fine ogni azione e lotta efficace potrebbero essere imbrigliate in questa categoria di repressione. Lo scopo è facile da individuare: una punizione esemplare per qualcuno, un monito lanciato a tutti gli altri.
Certo, l’idea di tutti gli anni di carcere evocati da tutte quelle parole stringe lo stomaco in una morsa. È molto più doloroso però immaginarsi inermi a guardare il mondo devastato per il vantaggio di pochi. Da tutti noi, che abbiamo imparato la differenza tra giusto e legale e assaporato il gusto di riprenderci le strade e i boschi, con la minaccia della galera non otterranno un granchè. E neanche ci inganneranno con il valore simbolico delle loro accuse, perchè sappiamo da dove nasce il terrore e ne conosciamo i manganelli, i gas, le reti. E gli eserciti,le armi, le sbarre.
Non dobbiamo avere paura. Lasciamola respirare a quelli che vivono blindati in un’esistenza spesa a difesa dei propri privilegi e delle proprie mire di saccheggio.
Io, in questa gabbia ho i polmoni pieni della libertà che ho imparato ad amare lottando, tra i sentieri e per le vie.
E come me molti altri. Voi. Solidali, complici e inarrestabili.
Chiara
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Carcere delle Vallette Torino 20 gennaio 2014
Ciao a tutti,
dal 9 dicembre sono rinchiuso qua al blocco D delle Vallette insieme a Niccolò e Mattia mentre Chiara sta al blocco F, privati dei nostri affetti come delle lotte che portavamo avanti fuori, delle nostre montagne come dei nostri quartieri.
I giudici in ossequio alla volontà della procura ci hanno appioppato l’appellativo di “terroristi”, così il DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) ci ha classificato AS2. L’Alta Sicurezza è un’infamità dentro quell’infamità che è già il carcere, poiché ti impedisce di avere alcun contatto con i prigionieri “comuni”, oltre ad altre limitazioni che vanno dai colloqui ridotti, alla porta blindata della cella sempre chiusa o all’impossibilità di accedere alle attività alternative (biblioteca e palestra). Molto fastidiosa ci risulta la censura, tutta la nostra corrispondenza in entrata e uscita è letta da un secondino che poi ne spedisce copia al giudice, questo fa sì che le nostre lettere abbiano un ritardo di almeno 20 giorni da quando sono state spedite. Le guardie giustificano tale ritardo lamentandosi della mancanza di personale per far fronte alla mole di posta che riceviamo, invece uomini per sorvegliarci ne hanno parecchi. Sia chiaro, ho voluto tratteggiare qual’è la nostra condizione non perchè ci sentiamo più perseguitati di altri prigionieri, penso sia però utile che chi non è avvezzo alle angherie della galera conosca cosa sia l’Alta Sicurezza. Il carcere comunque in ogni sua forma resterà sempre una merda.
Vedere i fuochi d’artificio di un presidio attorno alle Vallette e ascoltare le grida e gli slogan di tanti compagni con cui abbiamo lottato assieme è una boccata d’aria fresca.
Durante l’udienza del riesame il Pm si è lamentato della reazione seguita ai nostri arresti. Indignato ha elencato al giudice una lunga serie di azioni in nostra solidarietà che in parte non conoscevamo.
Una scena surreale. Costoro devono capire che non possono arrestare qualcuno pensando che il loro gesto non provochi alcuna risposta. Perchè bisognerebbe accettare di essere privati di una persona che fino a ieri ci stava a fianco? I No Tav in questi anni hanno avuto spesso a che fare con la giustizia, ormai quasi nessuno ci crede più. Del resto la lotta e le pratiche sperimentate in Valle nella loro diversità dimostrano che esiste un abisso tra etica e legalità.
Il nostro caso è solo l’ultimo di una lunga serie, mi preme però soffermarmi sull’art. 270 sexies (finalità di terrorismo) che risulta il perno su cui ruota tutta l’inchiesta del 9 dicembre. Noi quattro siamo accusati del sabotaggio del 14 maggio scorso alla Maddalena, un fatto che secondo gli stessi Pm non si qualificherebbe come attentato terroristico se non si considerasse il contesto d’intimidazione e violenza in cui è avvenuto. Il sabotaggio di maggio insieme ad una miriade di atti illegali avvenuti negli ultimi due anni deriverebbe dalla decisione di una parte di movimento (quale non è specificato) di impedire la costruzione del Tav.
Se l’Italia dovesse abbandonare il progetto della Torino-Lione subirebbe un grave danno economico e di immagine in Europa, sostengono. Chiunque si opponga alla costruzione del Tav quindi compie un atto che danneggia in qualche modo il paese e secondo il 270 sexies le condotte che arrecano un grave danno al paese sono da considerare terroristiche.
A rigor di logica, se durante una manifestazione qualcuno occupa una base militare, dove gli Stati Uniti vogliono installare delle antenne che propagano onde pericolose per la salute della popolazione che vive nelle vicinanze, persegue una finalità terroristica, poiché l’Italia subirebbe un grave danno d’immagine nei rapporti internazionali con gli Stati Uniti.
Gli episodi che si inseriscono in questo disegno terroristico degli ultimi due anni sarebbero 111 secondo i Pm si va dai sabotaggi ai mezzi delle ditte che lavorano nel cantiere di Chiomonte alle
scritte nei bagni a Nichelino, dagli scontri di piazza a un pollo morto trovato sotto casa di Esposito, da uno striscione lasciato davanti all’abitazione del sindaco di Susa ai cassonetti bruciati durante una sagra paesana a Sant’Antonino. Si sono dimenticati i furti in appartamento e magari gli incendi boschivi. I magistrati dimenticano che il ritardo nella costruzione del Tav non è dovuto solo alle azioni degli ultimi due anni. Se sono riusciti solo a fare un “pertus” a Chiomonte, è per la forza e la determinazione di una lotta popolare che dura da più di vent’anni.
L’8 dicembre 2005, purtroppo non c’ero, decine di migliaia di persone sono scese nella piana di Venaus distruggendo i mezzi del cantiere, evidentemente tutti terroristi.
Le han provate tutte per spaccare il movimento. Hanno istituito tavoli, comprato amministratori, scritto ogni genere di porcheria sui giornali, poi i manganelli e i lacrimogeni. Hanno provato a criminalizzare alcuni dividendo tra buoni e cattivi ed ora rispolverano il terrorismo. Dopo un po’ risultano scontati e patetici.
Curioso è notare come alcuni che oggi ci accusano di “terrorismo” sono gli stessi che negli anni ’70 usarono la stessa arma per annientare uno dei più straordinari e complessi movimenti rivoluzionari d’Europa, che aveva reso concreti i sogni e i desideri di tanti. La lotta No Tav, con le dovute proporzioni, ha rotto quella cappa di pace sociale che permaneva in questo paese da oltre trent’anni, dimostrando che non solo è possibile opporsi a chi pretende di devastare il territorio in cui viviamo, ma che lottare è molto più piacevole della vita che ci impongono di fare ogni giorno. Ricordo un pensionato di Bussoleno che raccontava che tutta la vita si era battuto per non fare gli straordinari e ora gli toccava star sveglio per 24 ore ad aspettare una trivella.
Dopo aver vissuto la Libera Repubblica della Maddalena o dopo aver costruito una barricata al Vernetto non si può tornare alla vita “normale” come se nulla fosse. Queste rotture improvvise parlano ad altre lotte e aprono nove possibilità. Non è certo chiudendo a chiave qualcuno che potranno prevenire il manifestarsi di nuove occasioni e di rivolte.
Il momento è delicato, sanno che se vogliono aprire i cantieri a Susa il movimento dev’essere spezzato e ridimensionato. Per questo è importante continuare ad andare in Clarea e non lasciar dormire tranquille le truppe d’occupazione come è stato fatto. Il giorno o la notte che decideranno di aprire un altro cantiere in Valle lo faranno dispiegando un gran numero di uomini e mezzi, convinti di impressionarci ed annichilirci con la loro forza. Occorrerà essere vigili e tenere sempre gli scarponi ingrassati. Consapevoli che chi si ribella, per natura, avrà sempre un’idea in più di chi ha deciso di vivere sotto un superiore.
Nessun dispositivo è imbattibile, i posti di blocco si possono aggirare, le reti tagliare e i jersey ribaltare.
Ci sarà da divertirsi.
Un abbraccio forte a tutte e tutti i no tav.
Se incontrate Giacu salutatemelo.
A SARA’ DURA… ovviamente per loro.
Claudio