Sulla chiusura del cantiere di Voltaggio

pubblichiamo di seguito due contributi sulla chiusura del cantiere TAV di Voltaggio, ripresi da notavterzovalico.info

collegamento al servizio de ilfattoquotidiano.it

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mafiatavSono state ore frenetiche quelle seguite alla notizia della chiusura del cantiere di Voltaggio. Ora che è passato qualche giorno possiamo fare un po’ di chiarezza anche dopo aver approfondito con fonti autorevoli la questione e aver raccolto ulteriori elementi.

A differenza di quanto era emerso nelle prime ore e che anche noi avevamo scritto dando un’informazione errata, il provvedimento di allontanamento della Lauro Spa e la conseguente chiusura del cantiere non arriva dalla Prefettura di Alessandria. Trattasi invece di un provvedimento della Prefettura di Torino a seguito di un’inchiesta sulla Lauro ad opera della DIA (Direzione Investigativa Antimafia). Non c’è più alcun dubbio che la certificazione venuta meno alla Lauro sia quella antimafia a seguito del fatto che l’azienda di Borgosesia si avvalesse del prezioso contributo di un consulente esterno molto vicino alla ‘ndrangheta. Una nostra autorevole fonte si dice sicura trattarsi esclusivamente di un primo provvedimento a cui con ogni probabilità ne seguiranno altri ancora più pesanti e alla luce di quanto successo si capiscono meglio le recenti dichiarazioni di Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia. Adesso alla Lauro spetta il compito della messa in sicurezza del cantiere entro venerdì e poi i cancelli sono destinati a chiudersi. A proposito di messa in sicurezza, sabato i cancelli del cantiere erano totalmente spalancati e all’interno non vi era anima viva, neppure una delle tante guardie private impegnate normalmente in compiti di sorveglianza.

Così, dopo la sospensione dell’attività di due aziende per infiltrazioni mafiose, riconducibili a Francesco Ruberto successivamente sottoposto a sorveglianza speciale e casualmente proprietario della cava Montemerla, sito destinato ad ospitare circa 2.200.000 mt. cubi di smarino provenienti dai cantieri, è arrivata una nuova tegola sui lavori del Terzo Valico. La strategia difensiva adottata in queste ore dal Cociv e sostenuta vergognosamente da alcuni Sindaci vorrebbe far passare l’idea che trattasi di alcune mele marce, mentre tutto il resto procede nel pieno rispetto della legalità. Rimandiamo ancora una volta alla nostra inchiesta “Ecco a chi porta lavoro il Terzo Valico” per dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, quali siano le ditte ad oggi impiegate nei cantieri dell’opera ferroviaria e i loro magnifici curricula. Su La Stampa di ieri, il neo Sindaco di Novi Rocchino Muliere si dice preoccupato per gli operai a rischio licenziamento ma sulla presenza di infiltrazioni mafiose nel nostro territorio invoca solamente che ci sia “…massima vigilanza sulle procedure…”. Il Sindaco di Voltaggio sembra più preoccuparsi della rimozione del semaforo davanti al cantiere e degli operai a rischio esubero che della chiusura del cantiere per il venir meno della certificazioe antimafia, d’altronde quasi profeticamente dichiarava neppure un mese fa: “…Il nostro paese ha saputo accogliere mafiosi al confino, e integrarli, sapremo farlo anche con chi lavora nei cantieri del terzo valico…”. Il Senatore del PD alessandrino Daniele Borioli, sempre pronto a scagliarsi contro i No Tav, chiede oggi sul La Stampa l’istituzione di un osservatorio sul modello della Torino Lione. Invoca di fatto la moltiplicazione delle poltrone senza che queste possano minimamente incidere sul contrasto alle infiltrazioni mafiose.

La realtà, non ci stancheremo mai di scriverlo, è quella di un sistema marcio alle fondamenta reso possibile dalla concessione dei lavori al General Contractor senza neppure gara d’appalto e da un intreccio continuo e costante di interessi e affari fra imprese, politici e organizzazioni criminali come le vicende del Mose, dell’Expo e della ricostruzione dell’Aquila stanno drammaticamente a dimostrare.

E’ possibile che la costruzione di una grande opera pubblica sia affidata ad un consorzio (guidato a maggioranza da Impregilo) il cui direttore, Pietro Paolo Marcheselli, è stato condannato a quattro anni e mezzo di reclusione per traffico illecito di rifiuti sulla vicenda del Mugello?

Si sono già dimenticati i nostri cari Sindaci dell’arresto di Ponzellini, ex numero uno di Impregilo, avvenuto a Maggio del 2012?

Il Senatore Borioli ha mai letto da qualche parte del vizietto di Impregilo di pagare tangenti alla ‘ndrangheta?

Hanno mai avuto informazioni sul passato di Impregilo riguardante il ponte sullo stretto di Messina, Salerno – Reggio Calabria, inceneritori campani?

Qualcuno ricorda che il cantiere di Voltaggio venne messo sotto sequestro dai Carbinieri del Noe nel 1998 e Cociv messo sotto accusa per truffa aggravata ai danni dello stato si salvò in tribunale solamente grazie all’accorciamento dei tempi di prescrizione dovuti alla ex Cirielli?

Non vi sono mele marce, ma sono le radici dell’albero ad essere marce.

Bisognerebbe oggi, davanti a quanto sta accadendo, avere almeno un po’ più di stima e riconoscenza per le migliaia di donne e uomini che lottano con tanta generosità da anni contro la costruzione del Terzo Valico e che continuano a farlo senza dare il minimo segno di cedimento.

E’ tanto antipatico dire che lo si era detto, ma il Movimento No Tav – Terzo Valico l’ha sempre detto che stava lottando anche per difendere la propria terra dalle organizzazioni mafiose.

Tutti, Sindaci compresi, dovrebbero a questo punto tornare sui loro passi, ammettere di aver sbagliato, prendere esempio da tanti Sindaci della Valsusa che insieme ai loro cittadini sono impegnati a osteggiare il sistema Tav, schierarsi senza reticenze dalla parte della difesa del territorio. Il movimento, a prescindere da loro, continuerà a farlo sempre con maggior determinazione. Il problema non è tanto il cantiere di Voltaggio, ma porre fine, una volta per sempre, a questa assurdità chiamata Terzo Valico.

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da lospiffero.com

Sigilli all’area di Voltaggio in cui si sta realizzando la galleria di congiunzione con la Genova-Tortona. La Prefettura di Torino contesta la mancanza di requisiti all’impresa Lauro, già sotto osservazione. La protesta dei lavoratori

Tanto tuonò che piovve. La tempesta che si è abbattuta sui lavori del  Terzo Valico con il blocco del cantiere perché per l’impresa Lauro (o forse per un suo consulente, non è ancora ben chiarito) sarebbero venuti meno i requisiti stabiliti dal protocollo antimafia era stata più che preannunciata. Basta andare a leggere cosa scrivevano i comitati sul sito NotavTerzoValico nel settembre dello scorso anno: una sequela di riferimenti ai guai giudiziari dell’impresa, oggi colpita dal provvedimento del prefetto di Torino,  e altrettante domande su incomprensibili silenzi: “Possibile che i sindaci, con in testa quello di Voltaggio, anche questa volta non sentiranno il bisogno di proferire parola? Possibile che deputati e senatori del “territorio”, quelli del Pd che difendono l’utilità del Terzo Valico, decideranno anche questa volta di far finta di non sapere? Possibile che chi inquisito per truffa aggravata ai danni dello stato possa lavorare ad una grande opera pubblica come il Terzo Valico?”.

Neppure un anno dopo, quelle pesanti affermazioni che pur fatte da chi osteggia l’opera avevano delle basi di concretezza, ecco il blocco dei lavori e la drammatica conseguenza per coloro che vi hanno lavorato fino all’arrivo dei carabinieri: alla cinquantina di dipendenti è stato annunciato l’arrivo delle lettere di licenziamento. Praticamente certo l’annullamento dell’appalto alla Lauro da parte del Cociv, il consorzio per la progettazione e costruzione della linea dell’Alta Velocità. I lavori proseguiranno solo per mettere in sicurezza il cantiere, poi si fermeranno e nessuno sa prevedere per quanto tempo. Un colpo durissimo per la grande opera ferroviaria, ma anche la conferma che i sospetti e i dubbi, basati su fatti e circostanze precise, da parte dei comitati non erano campati in aria o semplici pretesti per opporsi alla realizzazione del Terzo Valico.

Il nome della Lauro e del suo amministratore Ambrogio Tarditi spuntano già nel 2010 a Vercelli per una storia di tangenti in cui è coinvolta la Provincia presieduta da Renzo Masoero che finirà agli arresti. Per l’accusa nel 2009, Masoero doveva reperire i fondi per la campagna elettorale che gli avrebbe aperto le porte della Regione: i soldi sarebbero stati reperiti dagli imprenditori che realizzavano rotonde o manutenzione stradale. A sostenere la sua tesi, il fatto che ci fossero irregolarità nelle commissioni aggiudicatrici degli appalti. Tra le opere in questione due appalti li vinse la Lauro Srl, di Paolo Tarditi. La stessa che ora è stata interdetta dai lavori del Terzo Valico e che era nuovamente finita mirino della Guardia di Finanza nel corso delle indagini sull’aggiudicazione di rilevanti appalti per l’esecuzione di grandi infrastrutture in Piemonte e Valle d’Aosta, tra cui quello relativo alla realizzazione di una tratta della Metropolitana Automatica di Torino. L’appalto era stato assegnato al consorzio vincitore soprattutto grazie alle particolari qualifiche tecniche possedute dall’impresa vercellese Lauro specializzata nella costruzione di gallerie e che per tale ragione era stata prescelta dalla stazione appaltante. Ad insospettire i finanzieri il ritrovamento di un “accordo segreto” tra le due aziende interessate alla costruzione del tratto di metropolitana, sulla base del quale l’intera opera veniva realizzata dalla società torinese priva dei necessari certificati di qualificazione e abilitazione senza che la Pubblica Amministrazione ne fosse a conoscenza. La società verificata avrebbe insomma “prestato” la propria certificazione di idoneità alla società torinese che ha eseguito invece per intero l’opera. L’Ente ha così corrisposto denaro pubblico per oltre dieci milioni di euro alla società vercellese dietro presentazione di fatture false, non avendo mai eseguito alcun tipo di lavoro, nonostante avesse pattuito con la PA la realizzazione del 52% dell’ammontare dei lavori, del complessivo valore di oltre venti milioni di euro.

Insomma, non certo un fulmine a ciel sereno quello che ha colpito il cantiere del Terzo Valico in provincia di Alessandria. E chissà quanto fortuita la circostanza che il provvedimento sia arrivato praticamente in concomitanza, o appena qualche ora dopo, la missione piemontese della Commissione parlamentare antimafia. Come riportato da Lo Spiffero le denunce arrivate tempo, sul conto di una o più ditte impegnate nei lavori per la Tav avrebbero trovato riscontri nel lavoro investigativo del Gitav, il Gruppo interforze Tratta Alta Velocità istituito nel 2011 e che ha il suo ufficio periferico proprio nella prefettura di Torino. Oggi, dopo quanto scoperto nei confronti della ditta impegnata nel cantiere alessandrino, appare quanto mai motivata e urgente l’estensione delle competenze del gruppo interforze –  diretto da un ufficiale dell’Arma e di cui fanno parte funzionari della Dia – anche sul Terzo Valico, con il coinvolgimento delle prefetture di Alessandria e Genova. Così come emerso dai lavori torinesi dell’Antifamia. Poche ore prima che la parola mafia comparisse sui documenti che hanno imposto lo stop alla ditta Lauro e, di fatto, l’interruzione dei lavori per il tratto della Torino-Lione.

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