Perché a Genova essere contrari al “terzo” valico

Sono circa vent’anni che si parla del cosiddetto terzo valico, ossia il collegamento veloce che permetterebbe di raggiungere Milano da Genova risparmiando ben 15 minuti rispetto alle attuali linee esistenti, il tutto per la modica cifra di 6,2 miliardi di euro (stimati…).
In realtà questo sarebbe il sesto, di valico, dato che di collegamenti dalla Liguria verso la pianura Padana ne esistono già cinque (la “succursale” e la linea storica dei Giovi, la Pontremolese, la Savona – S. Giuseppe di Cairo e la Voltri-Ovada), ma questo non importa in quanto da anni ci sentiamo ripetere come un mantra che tutto ciò serve “a togliere la Liguria dall’isolamento e collegarla all’Europa”.
Il magistrato Ferdinando Imposimato, nel suo libro “Corruzione ad Alta Velocità Viaggio nel governo invisibile”, parla del Terzo Valico, attraverso le dichiarazioni di Salvatore Portaluri che fu per due anni presidente della TAV, il quale afferma :”Tutti i gruppi imprenditoriali di Tangentopoli erano stati accontentati, eppure vi erano ancora dei problemi, ma anche questi vengono risolti con la costituzione dell’ultimo consorzio per la tratta più incerta, il Cociv per la Milano-Genova. Un consorzio anomalo, senza una capogruppo, anche se fra le sei imprese che lo costituiscono, il 3 dicembre 1991, i due gruppi più rappresentati sono quelli del cavaliere Salvatore Ligresti con la Grassetto e il gruppo Montedison-Ferruzzi con la Gambogi”.
Questo progetto assegnato al Cociv in trattativa privata, prima che entrasse in vigore la normativa europee sulle gare pubbliche, era nato per il trasporto delle persone, ma, dato che i flussi dei pendolari non erano tali da giustificarne la realizzazione, è stato riconvertito alle merci.
Purtroppo gli attuali flussi non giustificano la realizzazione di una linea dedicata, all’inizio degli anni ’90 ci dicevano che il porto di Genova avrebbe movimentato 5 milioni di TEU nel 2000, mentre ad oggi non siamo neppure a 2 milioni, inoltre le attuali linee di valico sono utilizzate al 30%, e quindi, lungi dall’essere sature, secondo quanto affermava lo stesso Mauro Moretti, ex amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato.
Per ben tre volte durante gli anni ’90 la valutazione d’impatto ambientale (VIA) ha bocciato il progetto del “terzo” valico in quanto priva di una corretta analisi costi-benefici, ossia del beneficio derivante alla collettività dal costo dell’opera non era tale da realizzarne la realizzazione, sino a quando col meccanismo della Legge Obiettivo, voluta dal Governo Berlusconi nel 2001, che ha inserito il “Terzo” valico nel novero delle cosiddette “opere strategiche”, ha sostanzialmente depotenziato la VIA, facendo così approvare il progetto nel 2006. Per onestà dobbiamo dire che nessuno dei governi che si sono succeduti dal 2001 ad oggi ha mai messo in discussione il meccanismo della legge obiettivo.
Il “terzo valico” quindi, è praticamente un collegamento di 52 km da Fegino a Tortona, ossia una galleria lunga circa 39 km, che poi si immetterebbe nell’attuale linea esistente. Per tutto questo, l’ultimo governo Berlusconi e il “tecnico” Monti hanno stanziato 1.6 miliardi di euro, per i primi due lotti, mentre non sappiamo ancora se ci saranno i fondi per i restanti quattro.
La preoccupazione circa la realizzazione di questa galleria non è solamente in merito allo sperpero di denaro pubblico, ma soprattutto per cosa potrà uscire dalla montagna, dato che la Valpolcevera e la Valverde sono ricche di rocce verdi e di amianto, senza dimenticare il rischio idrogeologico data la franosità del territorio, le stagionali alluvioni e la minaccia di prosciugamento delle falde acquifere.
Con lo sblocco dei fondi per i primi due lotti, durante nell’agosto 2012 sono arrivate le prime lettere di esproprio ai proprietari dei terreni e relative pertinenze per la realizzazione delle opere propedeutiche alla cantierizzazione, ossia strade di cantieri, svincoli e rotonde che molte amministrazioni locali hanno richiesto in cambio della svendita del loro territorio, mentre lo scorso anno si è dato il via all’allestimento dei primi cantieri.
Le lobbies politiche, sindacali ed imprenditoriali genovesi e non solo, ritengono che questa “grande” opera sia la panacea di tutti i mali, ed unica maniera per uscire dalla crisi, mentre la sua logica, come tutte quelle che sottendono alle “grandi” opere, è solamente una spasmodica ricerca del profitto che privatizza gli utili e socializza le perdite.
Anni di studi delle associazioni ambientaliste hanno dimostrato come esistano soluzioni alternative e e meno costose del “terzo” valico, per non parlare di tutto quello che si potrebbe fare con questi milioni di euro mentre si smantella lo stato sociale nel nostro paese.

Bisogna respingere con forza queste logiche e per farlo esiste un movimento ventennale tra Liguria e Piemonte, frutto di diverse esperienze e vertenze sui territori, che nuovo vigore ha ripreso da circa due anni, mettendo in campo una mobilitazione fatta di manifestazioni, riunioni, assemblee, presidi, blocchi di espropri e cantieri che hanno coinvolto migliaia di persone in queste due regioni.
Purtroppo alcuni di noi stanno sperimentando la repressione fatta di denuncie, fogli di via ed altri provvedimenti restrittivi, ma il nostro obiettivo è quello di fermare il terzo valico e con la forza della nostra ragione siamo convinti di riuscire a farlo.
di Davide Ghiglione, Comitato No Tav Terzo Pontedecimo e San Quirico

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