Via Lungo Torrente Verde contro l’abbattimento di due case propedeutico al Terzo Valico – h 13 Concentramento per Iniziativa itinerante
sul percorso del giro dell’Appennino
L’Appennino si scala, non si scava
La bicicletta, uno strano oggetto. Pochi chilogrammi combinati per permettere all’uomo la massima velocità che il suo corpo sia in grado di creare. Eppure, considerato un mezzo lento, da quando l’automobile si impadronì delle strade e cominciò ad imporne di nuove, sempre più mostruose.
“Il ciclismo è l’unico sport che ti consente di pensare mentre pedali”. Pensare, pedalare. Questo sosteneva Alfredo Martini, partigiano. Lui che riforniva in bicicletta i partigiani sull’Appennino, proprio come quei centoquarantasette che 70 anni fa caddero alla Benedicta mentre combattevano il fascismo. Lui che montò in sella 80 anni fa, quando il Giro dell’Appennino nacque.
Oggi che la massificazione irrazionale dell’automobile ha bi-centuplicato il peso che muoviamo per muoverci, ha congestionato le strade e gli spazi e inquinato l’aria, la bicicletta si rivela spesso più veloce della macchina, ché più pulita e salutare lo è sempre stata. La bici si prende la propria parziale vendetta su una macchina vittima delle proprie contraddizioni.
Ma, lungi dal voler riconoscere la propria irrazionalità, la Macchina impone di divorare nuovo spazio e nuove risorse, per ottenere il medesimo risultato che si avrebbe impiegandone molto meno senza di lei. Un danno dettato dall’inutilità. Ecco la minaccia che l’Appennino deve oggi affrontare, e che prende il nome di Terzo Valico. Una voragine di risorse economiche ed ambientali per prolungare l’agonia di un fallimentare modello di sviluppo, che crea i bisogni che poi intende soddisfare.
Da tempo diverse persone hanno scelto di resistere contro questa assurda mostruosità e, come i partigiani di 70 anni fa, hanno capito che l’unica via è la resistenza attiva, non la sterile espressione d’opinione. E non è casuale che alcune di loro siano state colpite da provvedimenti repressivi d’origine fascista: per due o tre anni è stato loro vietato di valicare la Bocchetta e mettere piede in diversi territori della Val Lemme e della Valle Scrivia, dove invece i mafiosi che intendono bucare l’Appennino sono liberi di muoversi e distruggere.
Come tante piccole biciclette, continuiamo la lotta in attesa del momento della nostra vendetta sulla Macchina. Come nella lotta partigiana, occorre l’apporto di tutte e tutti, contro il nuovo fascismo.
Con amore per l’Appennino e per la Resistenza.
Movimento No Tav – Terzo Valico