Prima ti gela il sangue, poi te lo fa ribollire di rabbia. Quella rabbia che senti salire dalle viscere e scorrere nelle vene. Quella rabbia che ti scuote testa e mani. Queste alcune delle sensazioni alla vista della collina di Via Tecci, a San Quirico in Valpolcevera, cantierizzata. La civiltà delle macchine, che non è altro che la civiltà dello Stato, ha fatto il suo il suo glorioso ingresso in un lembo di terra che si estendeva dai margini della città, in cui, come spesso accade ovunque, continuava a vivere oltre una sottile linea di confine un mondo rurale e contadino.
Lunedì 22 luglio centinaia di agenti dei reparti antisommossa della Polizia e dei Carabinieri, agenti dei corpi speciali dei “rocciatori” della Polizia e agenti del Corpo Forestale, truppe corazzate di digossini e questurini hanno applicato un esteso piano di militarizzazione dell’area per aprire la strada ai tecnici del COCIV, alle ruspe e agli operai della due infami ditte collaborazioniste del TAV: la Co.Spe e la Drafin Sub di Genova. Strade di accesso blindate, posti blocco a valle e a monte dell’area, controlli al Passo dei Giovi, sbirri nei boschi e sui sentieri hanno caratterizzato questi tre giorni di lavori in Via Tecci. La macchina del progresso ha dato un’accelerata significativa all’opera di devastazione e saccheggio chiamata “TAV-Terzo Valico” che fino ad ora sembrava giacere più sulle scrivanie di istituzioni e manager che realizzarsi sul serio. In tre giorni, la collina di Via Tecci è stata occupata militarmente, e decine e decine di operai al lavoro hanno recintato tutta l’area di cantiere con lunghe recinzioni di ferro, hanno iniziato l’opera di massiccio disboscamento e cantierizzazione con la battitura di una strada interna che come una ferita lacera in due la collina. Le due ruspe hanno tirato giù alberi e arbusti, infierito colpi alla terra. “Dove fanno il deserto lo chiamano pace”, diceva qualcuno. “Dove fanno il deserto lo chiamano progresso”, diciamo noi. Ai cumuli di alberi sradicati e ammassati lo sguardo ti si fissa denso e profondo, rabbioso e vendicativo. Chi ha vissuto e difeso quella collina negli ultimi mesi, ieri ha avuto quasi difficoltà a riconoscere i luoghi, i posti, i prati dei presidi e dei primi due, entusiasmanti, blocchi dei lavori a inizio maggio.
Smarrimento. Eccola, l’Alta Velocità. Laddove prima vivevano orti e prati, boschi e frutteti, pascoli e animali, ora si muovono uomini senza scrupoli che comandano altri uomini indifferenti rispetto alle responsabilità che il loro sporco lavoro comporta, si muovono mezzi meccanici e ruspe, sbirri e guardie.
Ieri, 25 luglio, circa 150 No Tav hanno circondato per la prima volta il cantiere di Via Tecci arrivando alle reti. Una lunga colonna di persona saliva su per sentieri e mulattiera per vedere coi propri occhi lo scempio, prenderci le misure e convincersi ancora di più della necessità e dell’urgenza di lottare. Qualcuno, all’improvviso, salta al di là delle reti, fa qualche passo dentro il cantiere e poi torna tra i “nostri”. Una cantiere per una galleria di servizio installato, uno dei più grossi sul lato ligure degli appennini, è, senza ombra di dubbio, una difficoltà enorme. Ma da qui bisogna ripartire e andare avanti, più determinati e decisi che mai. Non resta che rimboccarsi le maniche e continuare sul sentiero di lotta intrapreso da un anno e mezzo a questa parte. Lì bisogna esserci. Sarà lunga e sarà dura. Quel maledetto cantiere, con le sue reti, ciò che dentro esse di muove e ciò che da fuori lo alimenta, và affrontato, infastidito, ostacolato, bloccato, sabotato. Lì e altrove. A quel cantiere e ai prossimi che vorranno aprire (a Trasta, secondo le dichiarazioni in TV del Cociv..) bisognerà resistere. Nei mille modi e nelle mille pratiche che la fantasia, l’immaginazione e la determinazione della lotta e della resistenza possono offrire.
E allora, convinti che il Terzo Valico non glie lo lascieremo passare, avanti tutta.
Alcune foto dalla passeggiata al cantiere: